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Gerardo Rueda, Silenzi all’aria aperta, Consuelo Císcar Casabán
Gerardo Rueda, Scultore, Barbara Rose
Gerardo Ruedaa Roma: geometria e materia ai Mercati di Traiano, LUCREZIA UNGARO
Gerardo Rueda, e la tradizone artistica spagnola, Francisco Calvo Serraller


Consuelo Císcar Casabán

DIRETTRICE DELL’IVAM, ISTUTUTO VALENZIANO D’ARTE MODERNA



Silenzi all’aria aperta

I classici stabilirono due vie da seguire nella vita: uno quello della vita attiva, il cammino dei guerrieri, dei commercianti e dei politici; e l’altro quello della vita contemplativa, seguito dai e dai pensatori. Non c’è nessun dubbio che Gerardo Rueda, come dimostrano le sue azioni e le sue opere, optò per il secondo cammino, quello in cui vivere signifi ca sentire la vita, proprio come diceva Stendhal, una forma di procedere che non porta ne alla gloria ne al potere e nemmeno alla ricchezza, bensì alla conoscenza. Possiamo quindi affermare che l’intelletualizzazione dell’arte fu un obiettivo che l’artista cercò di raggiungere durante tutta la vita. Per questo motivo credo che Gerardo Rueda fece sue la geometria e la spiritualitá per il rifi uto della retorica, dell’espressionismo e dello spettacolo. L’opera di colui il quale possiamo considerare come il padre dell’informalismo spagnolo, insieme ad altri artisti della sua generazione, è amplia, eclettica, e si diluisce in diverse discipline come la pittura, la scultura, i disegni e i collage. Nonostante la loro diversità, tutte queste discipline hanno similitudini e affi nità nei concetti di base. Così le cose, abbiamo voluto festeggiare il diciottesimo anniversario dell’IVAM e della Coppa America presentando questa esposizione nella quale ci concentriamo in uno di quelli che sono stati gli iconi della sua creazione relazionata con la sua proiezione como scultore di grandi proporzioni dentro agli spazi pubblici.

I suoi primi lavori con le sculture risalgono agli inizi degli settanta. Bisogna comunque dire che la sua costante preoccupazione per il rilievo e la ricerca delle tre dimensioni, già evidenti nella sua pittura, lo avvicinò sempre molto al mondo della scultura. Così, in ognuna delle manifestazioni artistiche di Rueda, questi si identifi ca con l’espressione di un fi ne sociale proprio in quanto parte di un fi ne spirituale. Nella sua riduzione sintattica, nel suo gusto per il sociale, è dove meglio viene rispecchiato il suo fl usso creativo. Lì lo si vede liberato dal suo aspetto interiore. Per questo motivo, sembra proprio che Gerardo Rueda facesse sua la frase di Frantisek Kupka (1871-1957) cuando diceva: “L’uomo esteriorizza il suo pensiero attraverso le parole. Perché allora non si può creare con la pittura e la scultura indipendentemente dalle forme e dai colori che le circondano?”.

Con commenti come questo comprendo perché la scultura non è più il veicolo del pensiero e dell’etica astratta e cerca invece nuove funzioni e nuovi simboli nei quali trovare un’espressione molto più contestualizzata con le abitudini sociali. In questo modo le frontiere tra pittura e scultura diventano molto più trasparenti e la defi nizione classica dell’arte statuaria si diluisce in un tessuto di speculazioni concettuali e di codifi cazioni. Gerardo Rueda propone un ordine razionale della superfi cie attraverso una composizione delicata, sobria ed equilibrata, all’interno della tradizione cubista e costruttivista più pura. Lo scultore arriva al limite della semplifi cazione e della struttura dello spazio, unendo una serie di forme geometriche semplici. Sembra chiaro che la verità artistica di Rueda si incontra con la veritá quotidiana, con l’unico proposito di lasciarsi andare e seguire il carpe diem che accetta senza fastidi e pieno di emozioni equilibrate che restano coerenti al minimalismo. Come l’artista stesso lasciò detto: “L’opera di un artista mette sempre le sue radici in un sentimento molto intimo e personale. E utilizzo deliberatamente la parola ‘sentimento’: a mio modo di vedere, il sentimento è un sinonimo di convinzione. Secondo me, la sensibilità è un valore essenziale. L’artista deve essere fedele a se stesso, ovvero, dev’essere sincero”. (Dichiarazioni di Gerardo Rueda negli anni settanta alla rivista Arte, edizione della Fondazione Juan March, 1973).

In questo modo, l’arte sciolta nella vita accattiva la volontà dell’artista e da il via a un gioco libero dalle facoltá dell’essere umano, affi nchè le opere rappresentino ciò che realmente si rifl ette dentro di esse: il paradosso dell’esistenza. Un’apertura nella quale il ritmo si riduce alla dissoluzione della forma, la “sfi gurazione” del visibile e dell’invisibile come appoggio nel vuoto spazio-temporale, di un essere contemporaneo ambiguo ed effi mero, dove l’inerte prende vita nella rappresentazione delle sue mutazioni naturali. Utilizza le strade e le piazze per l’espressione e la città si trasforma nella sua fi sionomia dando vita a una reazione dove l’opera artistica si apre in molteplici frammenti collocati vicini o di fronte che interagiscono con le contraddizioni e le convergenze di un collettività bramosa di sensazioni, pulsazioni e silenzi. Per capire la logica dell’intercomunicazione tra il cittadino, l’oggetto artístico e lo spazio in cui vivono entrambi, oltre al senso primordiale delle opere, sono importanti anche le sue virtualità signifi cative, contestuali e marginali.

Uno dei punti forti di Gerardo Rueda come artista, nonostante l’ammirazione che aveva per le cose ottenute nelle epoche passate, è che non permise mai che questa sua ammirazione verso il passato si trasformasse in nostalgia. Lo trasformava bensì in un tentativo di captare i suoi valori nei suoi equivalenti contemporanei. Negli ultimi anni della sua vita realizzò sculture geometriche in tre dimensioni che rievocano i volumi semplici e robusti dei suoi primi disegni.

Durante tutta la sua traiettoria artistica Rueda utilizzò un linguaggio poetico e onirico come sintesi tra la modernità e la tradizione. Vero è che non è per niente facile conquistare i terreni della poesia, del mito piuttosto che del rito. La maggior parte dei tentativi artistici rimangono bloccati all’interno di scenari pseudo-poetici che evitano semplicemente la prosa ma non raggiungono uno stato di purezza, e quindi impediscono una comunicazione piena, coincisa e chiara.

Come abbiamo visto, Rueda era un umanista cosciente che lo strumento dell’essere umano è il linguaggio in linea retta, senza curve, contro la retorica dei sofi sti. Un umanista che cercava solamente la retorica intesa como disciplina per sabersi esprimere al meglio, niente di più e niente di meno, e per cercare la miglior forma per dire quello che voleva dire. Per questo motivo penso che una delle caratteristiche dello stile di Rueda in tutte le sue tecniche è l’eleganza, il decoro, la preferenza per l’austerità e la modestia. Infatti Rueda scrisse sul Catalogo Forma e Misura dell’Arte Spagnola attuale: “Voglio che la pittura sia ovvia, chiara e ordinata… uno spazio che si imponga a se stesso solo con la sua presenza”.

Le sculture che presentiamo in questa esposizione rispondono ad un’idea dell’arte e dello spazio pubblico ed urbano che questi occupa confi gurando molteplici insiemi simbolici nei quali confl uisce la percezione del soggetto e l’esperienza visuale dello stesso, dando così vita alla fusione tra il mondo della rappresentazione artistica e i fatti quotidiani dal carattere e dal linguaggio specifi co e che si possono interpretare in molti modi diversi.

Infatti, la novità dell’opera d’arte contemporanea, con tutte le sue possibilità e tutte le sue dimensioni, si è stabilita nel paesaggio urbano ed ha trovato un territorio estetico all’interno del quale si costruiscono le interazioni comunicative, prodotto dell’appropiazione dell’oggetto estetico e dell’assunzione di signifi cati individuali e accordi collettivi.

Nell’insieme urbano si stabilisce una dinamica di comunicazione ed estetica che determina la consolidazione di reti simboliche, le quali annodano il sentire culturale, l’appropiazione dello spazio pubblico e la confrontazione dei percorsi all’interno di territori che si perdono tra il traffi co e gli edifi ci urbani.

L’arte pubblica, analizzata da un punto di vista amplio, si nutre con elementi simbolici, sia di riferimento che di orientamento nella città, stabilendo una relazione armonica tra gli individui, i territori, le letture dei paesaggi urbani ai quali si unisce il colore, il movimento, la forma di un oggetto che crea immagini, evocazioni o rotture. Allo stesso tempo, permette di ricontestualizzare la costruzione geometrica della città propiziando i livelli di rappresentazione che si stabiliscono dal concetto polisemico delle sue forme e dall’appropiazione dello spazio che occupano. La città como incrocio costituisce un insieme che può essere visto sia dalle parti più vicine sia dalla complessità delle relazioni interattive che lei stessa è venuta creando dai suoi tracciati iniziali sulla cui base si stabilisce la triade speciale del santuario, l’ambito pubblico e lo spazio privato, come le istanze che permettono defi nirla e che contraddistinguono l’aspetto fondamentale della convivenza urbana.

Come imperativo della modernità, l’arte pubblico acquisisce connotazioni che sono essenziali per realizzare la sua funzione di ubicazione, creando una rottura con il passato e una perdita di auto-riferimento, che si traduce in sintesi e astrazione. Queste proposte all’aria aperta permettono all’opera di inserirsi nella città como un valore participativo e, allo stesso tempo, modifi ca le realizzazioni architettoniche e umane, stabilendo relazioni tra i piani e il vuoto, tra la luce e le ombre, tra le tessiture e le linee, delimitando il movimento delle percezioni.

Ogni opera pubblica racconta una sua storia, ogni opera pubblica è testimone di un fatto che si mantiene valido grazie alla sublimazione del fatto estetico come valore culturale e grazie alle dinamiche di ricostruzione e rinominazione degli spazi sociali.

Riassumendo, uno spazio diventa pubblico nel momento in cui si rinforza l’immaginazione e la creatività, mediante azioni che propiziano la comunicazione, il riconoscimento individuale e collettivo e mediante le azioni dei gruppi sociali che costituiscono il componente simbolico di base dello spazio cittadino. L’arte pubblico costituisce uno dei segni più rappresentativi della semeiotica della città e, nonostante la sua disarticolazione frammentaria, tematica ed informale non lo permetta, nel primo avvicinamento, l’identifi cazione di un’immagine collettiva sì permette che la città contemporanea acquisisca la funzione d’immagine culturale prestando speciale attenzione alle qualità signifi cative dello spazio pubblico. I signifi cati estetici ricontestualizzano il concetto di monumento e dissolvono i modelli dell’arte in città con opere elaborate e create apposta per un luogo specifi co o proposte come una risposta critica sia ai valori tradizionalisti sia alle connotazioni proprie del monumento commemorativo.

In questo modo possiamo osservare come è sempre più comune che l’opera d’arte, relegata agli scenari del museo, si apra alla città, si ridimensioni nello spazio pubblico, consolidando l’apertura di signifi cati estetici e apportando nuovi codici per decifrare la realtà.

Le opere di Gerardo Rueda in questo spazio pubblico mantengono una consistenza, una sensibilità e una coerenza poco frequenti, come per altro le avrebbero in uno spazio chiuso, visto che Rueda è sempre stato un esempio di artista versatile e implicato.

Tra i numerosi appellativi che la generazione di Rueda conquistò appare quello di “Generazione del silenzio”, per questo motivo le sue opere presenti in questa esposizione si esprimono con una discrezione che sprigiona la mano lirica dell’artista e che accattiva lo spettatore in modo sincero e naturale. In tutte queste manifestazioni si rifl ette la testimonianza diretta dell’artista il quale offre la sua vera identità, incancellabile, irripetibile e soprattutto, impossibile da tradurre verbalmente perchè nella sua opera, la comunicazione verbale è insuffi ciente per spiegare con chiarezza la natura di un essere veramente eccezionale.

Rueda, attraverso il suo lirismo astratto volle cercare l’essenza della mente umana e l’essenza della vita e, per fare ciò, usò tutti i suoi stimoli. Gli stessi stimoli che lo portarono a interiorizzare una creatività della quale oggi tutti possiamo prenderne parte in questa esposizione scultore a aperta e monumentale.